Dal principio
alla fine
Il vocabolo finalità proviene da
“
finalitas”, termine del latino tardo che a sua volta deriva dal latino
classico “
finalis” (di confine, finale, estremo)
.Non ci sono
testimonianze rilevanti riguardo alla sua comparsa nel corso dei secoli fino al
1800,
quando
Mamiani, Gioberti, Carducci, Benedetto Croce e Michelstaedter iniziarono a inserirlo nei loro scritti. Lo stesso vale per il corrispettivo inglese finality, la sua notevole comparsa risale al 1836 nell’ambito della trascrizione di un dibattito
parlamentare. Tuttavia, com’è noto dalla storia della filosofia, risale
all’antica Grecia l’esistenza del principio di finalità associato al
finalismo
o teleologia - dal greco τέλος (télos), fine, scopo e λόγος (lógos), discorso,
pensiero - ovvero il completo opposto della dottrina del casualismo. Di questo
argomento si occuparono illustri filosofi, come il determinista Anassagora,
Platone, Aristotele, gli stoici, poi i filosofi cristiani e Kant. In realtà i
significati di finalismo e di finalità non sono esattamente sovrapponibili: l'ultima
è intesa come il conseguimento di un fine vicino e circoscritto, mentre il
primo riguarda il risultato lontano e ultimo determinato da più cause
concomitanti.
A questo punto sarebbe
impossibile non chiedersi come un termine che non è stato usato in modo
rilevante fino al XIX secolo sia arrivato a definire un principio tanto
importante. Inoltre, sorge spontaneo un dubbio: perché il termine proviene da “
finalis”
e non da “
propositum”, il cui significato è proprio quello di
“finalità”? Una spiegazione filologica un po' fantasiosa potrebbe essere la
seguente.
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Abbazia di Staffarda |
Nel 1312 l’abate del monastero di
Staffarda diede un incarico molto importante al frate amanuense appena arrivato
dall’estero, Cived Opoco. Quest’ultimo doveva ricopiare un importante passaggio
da un’appendice di un testo sacro. Il brano parlava del
propositum
(scopo, il fine) della Chiesa Cattolica, ma il povero Cived conosceva male il
latino e scrisse del
finalis (la fine) della Chiesa. L’errore passò
inosservato per secoli, finché un certo Giuseppino Bruno, intento a tradurre
quell’appendice dal latino classico a quello tardo, si accorse della scoperta
rivoluzionaria. Rese pubblica la scoperta di un antico testo che ipotizzava una
fine della Chiesa! Ovviamente il fatto non passò inosservato e il Sant'Uffizio
intervenì prontamente. Giuseppino Bruno, memore della sorte toccata al cugino
Giordano, decise di ritrattare inventando una nuova parola:
finalitas, che
avesse il significato di “finalità” come la conosciamo oggi.
Per quanto riguarda la presenza
del termine nella letteratura, una delle apparizioni più importanti fu nel “Del
primato morale e civile degli italiani”, pubblicato da Gioberti nel 1843: “Il
contrario ha luogo quando la favola poetica non è seria, e ha per unica
intenzione un sentimento subbiettivo, qual si è il ridicolo, che di sua natura
esclude ogni finalità reale dal canto degli oggetti; imperocchè il riso che
nasce da un contrapposto disarmonico e inaspettato, e il fine che suppone un
conserto nei mezzi ordinati a conseguirlo, sono insieme discordi”. Come in
questo caso, il termine spesso non è il soggetto dell’indagine, ma uno strumento.
Per individuare brani o aforismi
incentrati sulla finalità di personaggi illustri, è necessario fare una ricerca
su alcuni suoi sinonimi, come:
- Scopo: “Il
senso della vita è quello di trovare il vostro dono. Lo scopo della vita è
quello di regalarlo”, Pablo Picasso.
- Obiettivo: “Se
vuoi una vita felice devi dedicarla a un obiettivo, non a delle persone o a
delle cose”, Albert Einstein.
- Meta:
“Arrivare e non aver paura, questa è la meta ultima dell'uomo”, Italo Calvino.