sabato 28 marzo 2020

Step 2


Dal principio alla fine
Il vocabolo finalità proviene da “finalitas”, termine del latino tardo che a sua volta deriva dal latino classico “finalis” (di confine, finale, estremo).Non ci sono testimonianze rilevanti riguardo alla sua comparsa nel corso dei secoli fino al 1800, quando Mamiani, Gioberti, Carducci, Benedetto Croce e Michelstaedter iniziarono a inserirlo nei loro scritti. Lo stesso vale per il corrispettivo inglese finality, la sua notevole comparsa risale al 1836 nell’ambito della trascrizione di un dibattito parlamentare. Tuttavia, com’è noto dalla storia della filosofia, risale all’antica Grecia l’esistenza del principio di finalità associato al finalismo o teleologia - dal greco τέλος (télos), fine, scopo e λόγος (lógos), discorso, pensiero - ovvero il completo opposto della dottrina del casualismo. Di questo argomento si occuparono illustri filosofi, come il determinista Anassagora, Platone, Aristotele, gli stoici, poi i filosofi cristiani e Kant. In realtà i significati di finalismo e di finalità non sono esattamente sovrapponibili: l'ultima è intesa come il conseguimento di un fine vicino e circoscritto, mentre il primo riguarda il risultato lontano e ultimo determinato da più cause concomitanti.
A questo punto sarebbe impossibile non chiedersi come un termine che non è stato usato in modo rilevante fino al XIX secolo sia arrivato a definire un principio tanto importante. Inoltre, sorge spontaneo un dubbio: perché il termine proviene da “finalis” e non da “propositum”, il cui significato è proprio quello di “finalità”? Una spiegazione filologica un po' fantasiosa potrebbe essere la seguente.
Abbazia di Staffarda
Nel 1312 l’abate del monastero di Staffarda diede un incarico molto importante al frate amanuense appena arrivato dall’estero, Cived Opoco. Quest’ultimo doveva ricopiare un importante passaggio da un’appendice di un testo sacro. Il brano parlava del propositum (scopo, il fine) della Chiesa Cattolica, ma il povero Cived conosceva male il latino e scrisse del finalis (la fine) della Chiesa. L’errore passò inosservato per secoli, finché un certo Giuseppino Bruno, intento a tradurre quell’appendice dal latino classico a quello tardo, si accorse della scoperta rivoluzionaria. Rese pubblica la scoperta di un antico testo che ipotizzava una fine della Chiesa! Ovviamente il fatto non passò inosservato e il Sant'Uffizio intervenì prontamente. Giuseppino Bruno, memore della sorte toccata al cugino Giordano, decise di ritrattare inventando una nuova parola: finalitas, che avesse il significato di “finalità” come la conosciamo oggi.
Per quanto riguarda la presenza del termine nella letteratura, una delle apparizioni più importanti fu nel “Del primato morale e civile degli italiani”, pubblicato da Gioberti nel 1843: “Il contrario ha luogo quando la favola poetica non è seria, e ha per unica intenzione un sentimento subbiettivo, qual si è il ridicolo, che di sua natura esclude ogni finalità reale dal canto degli oggetti; imperocchè il riso che nasce da un contrapposto disarmonico e inaspettato, e il fine che suppone un conserto nei mezzi ordinati a conseguirlo, sono insieme discordi”. Come in questo caso, il termine spesso non è il soggetto dell’indagine, ma uno strumento.

Per individuare brani o aforismi incentrati sulla finalità di personaggi illustri, è necessario fare una ricerca su alcuni suoi sinonimi, come:
  • Scopo: “Il senso della vita è quello di trovare il vostro dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo”, Pablo Picasso.
  • Obiettivo: “Se vuoi una vita felice devi dedicarla a un obiettivo, non a delle persone o a delle cose”, Albert Einstein.
  • Meta: “Arrivare e non aver paura, questa è la meta ultima dell'uomo”, Italo Calvino.


Nessun commento:

Posta un commento