giovedì 30 aprile 2020

Step 12

La finalità nel pensiero medievale e moderno

Quando il concetto di finalità viene ampliato oltre l'agire umano si utilizzano i termini finalismo o teleologia, la cui dottrina filosofica, basata appunto sui principi di finalità e causalità, concepisce l'esistenza di uno scopo o una causa sia nelle azioni razionali dell'uomo, sia in tutto il resto che accade nell'universo.
Prima di individuare la presenza del finalismo nel medioevo e nell’età moderna, è opportuno premettere che uno dei primi filosofi a sviluppare la teoria del finalismo fu Aristotele, in opposizione alla dottrina di Empedocle secondo cui l'evoluzione degli esseri era determinata dal caso. Non è il caso, secondo Aristotele, a spiegare la natura, ma il finalismo, che vale anche per il mondo inorganico dove ogni cosa si dirige spontaneamente verso il suo "luogo naturale".
In epoca medievale ci fu un grande sforzo per il recupero delle opere di Aristotele, attraverso la traduzione in latino della maggior parte dei suoi scritti in greco o in arabo. Tale attività durò all'incirca un secolo, dalla metà del XII fino alla metà del XIII secolo. Le dottrine del filosofo trovarono punti in comune e punti di disaccordo con i dogmi della Chiesa, che in quell'epoca aveva il monopolio della cultura. Per il Cristianesimo il concetto di finalismo si identifica con quello di Provvidenza. Tutta la natura, come nella concezione aristotelica, nei suoi componenti, inorganici e organici, è intrisa di finalismo nei suoi vari gradi ordinati gerarchicamente; in questo modo il resto del mondo mira a servire l'uomo, che padroneggia la totalità della natura e la utilizza per realizzare i suoi fini. D’altra parte, Aristotele ritiene che la finalità sia estrinseca alla natura stessa, il cristianesimo invece la fa dipendere dalla provvidenza divina: ogni cosa tende al proprio scopo nell’ordine voluto da Dio e l’uomo è il fine del creato.
Nel XIII secolo, Tommaso d'Aquino, nella sua Summa Theologica, riuscì a riconciliare i punti di vista discordanti tra aristotelismo e cristianesimo. Dopo essersi posto il problema se Dio esista, Tommaso passa ad indicare le sue famose “vie” per provare l’esistenza di Dio. I cinque percorsi sono così denominati: dal mutamento, dalla causalità efficiente, dalla contingenza, dai gradi di perfezione e dal finalismo.
Nel nostro caso, la via più interessante è l’ultima, che  si presenta in questo modo:

“La quinta via è desunta dal governo delle cose. Vediamo infatti che alcune cose prive di conoscenza, come i corpi naturali, agiscono per un fine, come appare dal fatto che agiscono sempre o quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione: per cui è evidente che raggiungono il loro fine non a caso, ma in seguito a una predisposizione. Ora, ciò che è privo di intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia dall‘arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente dal quale tutte le realtà naturali sono ordinate al fine: e questo essere lo chiamiamo Dio.”



Se paragoniamo i concetti del medioevo a quelli di un'epoca più moderna, troviamo che Immanuel Kant, nella Critica del Giudizio, scrisse:


“Dire che si vede una finalità oggettiva significa dire che si vede questo organismo come se venisse da un piano intelligente diverso da quello dell’uomo. Comunque la distinzione tra giudizi estetici e giudizi teleologici è che i giudizi estetici riguardano una finalità soggettiva, un piacere soggettivo che però proviamo tutti, e i giudizi teleologici riguardano una finalità oggettiva che può non essere bella ma rivela  una sua armonia, una sua finalità interna, una sua organicità.”




Questo tipo di finalismo è stato definito come "esterno" perché ogni cosa spiegherebbe la sua stessa esistenza con la finalità che le è stata assegnata verso uno scopo a lei esterno; finalismo "interno" viene invece definito il finalismo biologico che si basa sul principio che le parti che compongono l'organismo hanno il fine immanente della propria conservazione.
Per contro, diverse menti eccelse hanno espresso un orientamento di critica del finalismo, che si è concretizzata nella storia della filosofia nelle correnti del determinismo e del meccanicismo.
In “Principia philosophiae” Cartesio riprese le parole del poeta e filosofo latino Lucrezio: Ex nihilo nihil fit, dal nulla viene nulla", secondo lui e Galileo la pretesa del finalismo di spiegare la realtà era illusoria. Francesco Bacone reputava il finalismo come un ostacolo per la ricerca sperimentale e nel Novum Organon scrisse: “la natura non ha fini, solo l'uomo ne ha”. Infine, il filosofo olandese Spinoza, nell’Ethica more geometrico demonstrata, affermava che il finalismo, ossia l’idea che ogni cosa sia fatta per l’uomo, è un grave pregiudizio nato dall’ignoranza e dalla naturale ricerca di vane rassicurazioni. Egli riteneva che un’assoluta necessità dominasse nel mondo e in Dio stesso.

domenica 26 aprile 2020

Step 11

La finalità del lockdown

In un periodo in cui decadono abitudini consolidate e si è separati dagli affetti, ci si può chiedere se il lockdown abbia una finalità di contenimento della pandemia di coronavirus, anche perché ci appare che la curva dei contagiati abbia raggiunto il picco con un’inspiegabile lentezza, malgrado le settimane di isolamento. Tutto questo comporta stress per il lavoro, la preoccupazione per gli effetti economici, calo del tono dell’umore, maggiori livelli di ansia e paura, irritabilità, insonnia, confusione mentale, disturbi cognitivi e noia.
L'obiettivo di questa moderna quarantena, che chiamiamo così ricordando la durata tipica dell'isolamento cui venivano sottoposte le navi provenienti da zone colpite dalla peste nel XIV secolo, è ridurre i contatti tra le persone, per diminuire il tasso di contagio e proteggere meglio i soggetti a maggior rischio. Nel caso dell'Italia, prima nazione dell'Europa a trovarsi di fronte all'emergenza Covid-19, sono state adottate misure di isolamento sociale (morbide rispetto a quelle hard impiegate in Cina, quest'ultime efficacissime ma difficilmente applicabili in paesi con concetti di democrazia molto radicati) per far fronte immediatamente alla necessità di cure dei malati, secondo il noto modello riportato in figura. La finalità era di abbassare il punto di massimo del numero di contagiati al di sotto della capacità di gestione da parte del Servizio Sanitario Nazionale, con la conseguenza di provocare un ritardo sia del picco dell'epidemia, sia della durata nel tempo di un numero significativo di contagiati.


Il modello italiano è stato successivamente adottato nella maggior parte dei paesi europei colpiti dal corona virus.
A questa strategia si contrappone l'idea di non prendere alcuna misura di isolamento per favorire il raggiungimento dell’immunità di gregge, inizialmente supportata da molte grandi nazioni, come l’Inghilterra, la Svezia, il Brasile e gli Stati Uniti.
Un importante biologo statunitense, Carl T. Bergstrom ha spiegato perché il concetto di immunità di gregge sia in realtà molto sopravvalutato e sarebbe ben poco efficace nel fermare la corsa del Sars-Cov-2. Secondo la teoria, quando l'infezione raggiunge il 60% di una comunità, la diffusione del virus si fermerebbe, perché la maggior parte degli individui che hanno l'infezione in corso dovrebbe avere intorno a sé persone immuni in quanto hanno già contratto il virus. Tuttavia, arrivati al 60% della popolazione, i contagi non si fermerebbero bruscamente, bensì rallenterebbero e comincerebbero a scendere, ma la discesa di una curva epidemica, come sappiamo, può durare molte settimane. In questo periodo di avanzamento per inerzia migliaia e migliaia di persone continuerebbero ad ammalarsi, quando davvero i contagi si azzerano o quasi, ormai il virus ha raggiunto il 90% della popolazione. Un livello di diffusione che in un paese come l'Italia, considerato il tasso di letalità del Sars-Cov-2, vorrebbe dire forse qualche milione di morti! Tutto questo, peraltro, è valido solo se si presuppone che i malati guariti non possano reinfettarsi.

Il lockdown, nei paesi che possono permettersi un calo economico, sembra pertanto la via più sicura per combattere la pandemia, sebbene sia quella più lenta. Sembra quasi surreale che una nazione civile possa dimenticarsi dei soggetti a rischio e “abbandonarli al loro destino per il bene comune” in una concezione fin troppo utilitaristica, o che alcuni leader abbiano supportato idee assolutamente inutili e possibilmente letali per combattere il virus.

venerdì 24 aprile 2020

La finalità dell’arte

Gli uomini hanno sentito il bisogno di esprimersi tramite le arti figurative già dal paleolitico, ma nel corso degli anni questa abilità creativa è stata utilizzata con finalità diverse. Nella preistoria si riproducevano animali selvaggi e scene di caccia, con scopi propiziatori. Successivamente, con la cultura egizia, che aveva principalmente intenti celebrativi e di propaganda del potere centrale assoluto, si iniziò anche ad illustrare elementi della tranquilla vita quotidiana.

Rimanendo nel bacino del Mediterraneo, si deve considerare l’arte ellenica, che aveva come traguardo impareggiabile la ricerca della perfezione formale.  I Romani, sebbene apprezzassero l’arte greca, usavano le capacità creative per fini più pratici, si potrebbe dire più ingegneristici.

Una categoria che ingloba anche le altre è quella dell’arte sacra, presente in tutte le culture. Le finalità di queste rappresentazioni sono diverse: contemplativa, perché l’arte conduce alla contemplazione e si crea un dialogo di preghiera; di catechesi, perché l’arte è un ottimo mezzo per insegnare la religione, grazie all'arte sacra l’uomo apprende più velocemente i concetti; decorativa, sono utilizzati materiali preziosi per manifestare, attraverso la ricchezza, la presenza divina.

Nel XII secolo si svilupparono due correnti diverse: l’arte romanica e quella gotica. In entrambi i casi si voleva esprimere la potenza di coloro che avevano ordinato la costruzione degli edifici in questi stili. Ciò che cambiava era il mezzo: nella prima venivano favoriti gli edifici massicci, mentre l’altra alleggeriva le forme e favoriva l’uso di ampie finestre.

L’arte rinascimentale nacque per riportare delle regole nel mondo dell’arte. Si formularono le prime teorie prospettiche e si prestò più attenzione all’anatomia umana e alla rappresentazione delle emozioni. Nei secoli successivi si susseguirono due correnti con finalità diametralmente opposte, l’arte barocca e quella rococò, che dovevano essere una dimostrazione dello sfarzo e dell’opulenza, mentre nella corrente neoclassica si ripudiarono queste manifestazioni e si tornò ad ammirare l’arte ellenica.

Ciò che rivoluzionò completamente il mondo dell’arte fu l’invenzione della macchina fotografica. Ormai l’arte non poteva più avere come scopo la mera riproduzione, quindi iniziò a diffondersi un’apertura alla sperimentazione e un rifiuto per il passato. Dagli impressionisti si iniziò a parlare di arte moderna. Gli artisti moderni sperimentarono nuove forme visive e avanzarono concezioni originali della natura, dei materiali e della funzione della rappresentazione, alternando periodi più "realisti" (sia per le tecniche adottate che per i soggetti scelti) a periodi più "simbolisti" o "espressionisti", finché si iniziò a dubitare dell’utilità di un soggetto.

In questo modo si giunse all’arte contemporanea, molto difficile da definire. Si parla di arte concettuale, performance art, pop art, graffiti, che spesso possono stupirci per la loro innovatività. Un altro elemento interessante è la ricerca della finalità all’interno dell’arte contemporanea. Guardando un quadro di Pollock, si può davvero dire che quell’opera abbia uno scopo? Allo stesso modo, si può dire che non ce l’abbia?

sabato 18 aprile 2020

Step 10

La finalità nel cinema

"Le macchine hanno un loro scopo, fanno quello che devono fare. Per questo quando vedo un meccanismo rotto sono triste, non può fare più quello che deve. Forse vale anche per le persone, se perdi il tuo scopo è come se fossi rotto"

La scena è tratta dal film Hugo Cabret , diretto da Martin Scorsese nel 2011 e a sua volta ispirato dal romanzo “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” di Brian Selznick

giovedì 16 aprile 2020

Step 9


La finalità nell'arte


Man Ray, Regalo – Ferro da stiro con chiodi (Cadeau), 1921, ferro da stiro metallico con chiodi saldati sulla piastra, cm 17 x 10 x 10,5. Parigi, Musée National d’Art Modern, Centre Pompidou.
Cadeau è un ready made di Man Ray riprodotto in 5.000 esemplari. L’opera originale venne rubata durante la prima esposizione a Parigi nel 1921.
Quest’opera d'arte si lega al concetto di finalità per contrapposizione. Un oggetto il cui scopo è essere regalato diventa aggressivo, al contrario del comune modo di intendere un dono che dovrebbe portare a una sorpresa piacevole o utile. Allo stesso modo si può parlare del ferro da stiro di per sé, la cui finalità è rendere più gradevoli i vestiti, ma viene trasformato perché possa solo ferire e distruggere. Quest’ideazione, quindi, ha privato in tutti i sensi un ferro da stiro e un regalo del proprio scopo, come spesso accade nelle opere in stile Dada.

lunedì 13 aprile 2020

Step 8

La finalità nei dialoghi di Platone


“SOCRATE: Allo scopo di difendere la propria ingiustizia o quella dei genitori, degli amici, dei figli o della patria, quando sia rea di ingiustizia, la retorica, allora, non ci è per niente utile, o Polo; a meno non la si intenda utile per scopo opposto, e non ci sì renda conto che bisogna accusare prima di tutto se stessi, e poi anche i familiari e, fra gli altri che ci sono cari, chiunque commetta ingiustizia, che non bisogna nascondere, ma portare allo scoperto il torto commesso, per scontarne la pena e risanarsi, e che si deve costringere se stessi e gli altri a non temere e a mettersi nelle mani della giustizia, ad occhi chiusi e coraggiosamente, come ci si affiderebbe al medico perché tagli e cauterizzi, perseguendo il bene e il bello, senza metterne in conto l'aspetto doloroso; e qualora le ingiustizie commesse meritino percosse bisogna offrirsi alle percosse, qualora meritino la prigione offrirsi a essere imprigionato, qualora meritino una multa offrirsi a pagare la multa, qualora meritino l'esilio offrirsi all'esilio, e qualora meritino la pena di morte offrirsi a morire, essendo se stessi i primi accusatori di sé e dei familiari: questo è lo scopo per il quale bisogna servirsi della retorica, affinché, portate allo scoperto le ingiustizie, ci si possa liberare dal male più grande, vale a dire l'ingiustizia. Dobbiamo dire così, o Polo, o no?”

Questo brano è tratto dall’opera di Platone “Gorgia”, uno scritto appartenente al gruppo dei dialoghi giovanili e risalente al 386 a.C. circa. Gli antichi avevano attribuito a quest'opera il sottotitolo  “Sulla retorica” perché il dibattito nella prima parte del dialogo verte proprio sulla natura di questa disciplina.
L’estratto proposto appartiene al cosiddetto “secondo atto”, durante il quale Socrate e Polo (allievo di Gorgia, che si è ritirato dal dibattito dopo essere stato sconfitto), stanno discutendo riguardo la finalità della retorica. Polo afferma che non sia una technè, ma un'empeiría. Socrate, invece, compara la retorica alla sofistica, insultando di fatto l’avversario. L’atto si conclude con la comparazione del retore a un tiranno, che può fare ciò che meglio gli pare, ma non ciò che vuole, creando un paradosso.

venerdì 10 aprile 2020

Step 7


La finalità nella poesia



“Paradise Lost” è un poema epico del XVII secolo scritto da John Milton, pubblicato per la prima volta in dieci tomi nel 1667 e pochi anni dopo nella sua versione definitiva di dodici volumi.
Il seguente brano è tratto dal primo libro.



In questa parte iniziale l’autore propone in breve il soggetto complessivo della sua opera, cioè la disubbidienza dell’uomo e la perdita del Paradiso, tutto causato dalla ribellione del diavolo che è riuscito a reclutare in rivolta molte legioni di angeli.
Il passaggio in questione ci mostra le finalità di Lucifero, un angelo orgoglioso che non si considera uguale agli altri e si ribella a Dio a causa dell'invidia nei confronti di Gesù. Satana cerca di spodestare Dio con la guerra e, quando viene sconfitto e bandito all’Inferno, cambia il suo scopo e sceglie di insidiare gli uomini, creature per cui prova un profondo risentimento.

mercoledì 8 aprile 2020

La finalità dei miti e delle favole


Mito della caverna

Platone considerava il mito come prodotto inferiore dell’attività intellettuale, mera apparenza della realtà e non realtà stessa. Tuttavia, ne riconosceva la finalità di costruire un ponte che conduce al raggiungimento di alcune verità, alle quali la ragione da sola non riesce a pervenire. Al di là dell’interpretazione filosofica, i miti nacquero presumibilmente dall’esigenza di fornire una risposta universale alle domande umane sui misteri del cosmo e della vita. Il mito, assieme alla favola, è stato interpretato come la creazione di un'umanità primitiva e dotata, come un fanciullo, di un’immaginazione fervida. Gli obiettivi per cui ancora si ricordano sono da una parte la ricerca delle nostre radici, dall’altra l’ambizione di trovare un nucleo di verità storica nelle antiche leggende, che ha dato spesso esiti fortunati, basti pensare che sulla base degli indizi geografici forniti dall’Iliade si è riuscita a localizzare Troia.
Il racconto mitico è nato per la formazione dei giovani in molti popoli, che su di esso hanno rappresentato la propria visione della vita e la sintesi della propria cultura. Sulla base della tematica che affronta si distingue in:
  • naturalistico, serve a comprendere un mondo misterioso e incontrollabile, perciò gli eventi naturali sono considerati come effetti e conseguenze di azioni divine;
  • cosmogonico, pertinente all'interpretazione dell'origine e formazione dell'universo;
  • teogonico, riguarda la generazione o la genealogia degli dei;
  • eziologico, spiega le origini di una città, di un rito o di un culto particolari;
  • storico, è una rielaborazione leggendaria e metaforica di eventi avvenuti in epoca prestorica e il cui ricordo si è tramandato oralmente
Odisseo che acceca Polifemo
Per le finalità formative, Il mito forniva lo spunto per gli insegnamenti fondamentali: Achille rappresentava il senso dei valori morali (ira, gloria, senso del dovere, coraggio nella lotta e perché sia importante godere del favore divino), Ettore la necessità di proteggere i propri cari e il suo popolo, Odisseo insegnava il valore della conoscenza. Questi eroi mitologici erano la base dell'insegnamento elementare: i piccoli greci si avvicinavano alla lettura attraverso i poemi di Omero.
È ovvio il collegamento tra il mito e la fiaba. Anche quest’ultima, ha una finalità formativa ed educativa, non è un genere letterario di semplice di intrattenimento, ma può contribuire alla crescita psicologica del bambino, stimolandone la curiosità e la fantasia. Il ragazzo trova nella fiaba un significato alla sua vita, ponendolo di fronte a problemi concreti. Le fiabe mostrano ai piccoli la realtà nella sua semplicità ma anche nella sua crudezza; hanno la funzione di suggerire comportamenti ed esempi di casi della vita e trasferiscono ai fanciulli sia una serie di modelli da tenere come riferimento in varie occasioni, sia i concetti di bene e di male in rapporto agli episodi raccontati.
Per esempio: Scrooge insegna ad aver cura dell’altro, Belle l’importanza dell’istruzione e Robin Hood a prendersi cura dei più deboli.
"Non è giusto che una donna legga. Le vengono in testa strane idee, e comincia a pensare”

La fiaba e il mito sono un genere letterario universale, caratterizzati da una struttura narrativa costante, che trasmette stabilità e sicurezza. Sono universali anche nel modo inteso da Jung, che ci insegna che esistono modelli archetipi (“arché”, primordiale e “typos”, modello) che incarnano gli elementi più essenziali dell’esperienza umana. I miti, quindi, rappresentano un repertorio dei vari comportamenti umani, analoghi in tutte le culture che sono condivisi da popoli lontani fisicamente e culturalmente.

La stessa finalità di fiabe e miti è condivisa tramite altri strumenti. Basti pensare alle ballate medievali o alle filastrocche che, tramite la musica, sono di gran insegnamento per i bambini.

domenica 5 aprile 2020

Step 6

Nella narrativa


“Le idee avverse al Socing potevano essere concepite solo in forma vaga, non verbale. Per definirle si doveva far ricorso a termini molto generici, che mettevano insieme e stigmatizzavano interi gruppi di eresie, ma senza offrirne una definizione. In effetti, era possibile utilizzare la neolingua per finalità eretiche solo a patto di operare una illecita traduzione di alcune parole in archelingua.”

Questo brano è tratto da “NineteenEighty-Four”, una celeberrima opera dello scrittore britannico Eric Arthur Blair, noto con lo pseudonimo di George Orwell, ambientata in una società distopica in cui un unico partito detiene il potere assoluto. Nel romanzo, i protagonisti e amanti Winston Smith e Julia vogliono opporsi alla dominazione totale del Partito per condurre il resto delle loro vite liberi dalla tirannide.
L’estratto è molto interessante perché ci ricorda come uno strumento semplice e indispensabile come il linguaggio possa diventare estremamente pericoloso in base al motivo per cui viene usato. Questo significa che ciò che conta veramente non è il mezzo, ma la finalità. È anche quello che scrisse Machiavelli nel Principe, che viene semplificato nella frase che gli è stata erroneamente attribuita “Il fine giustifica i mezzi”.
Nel libro “1984”, il Partito scelse di sostituire la lingua parlata prima degli eventi (l’archelingua) con un nuovo idioma, la neolingua, per evitare ogni possibile forma di ribellione. Nell’ultima versione non erano presenti parole che potessero essere utilizzate contro il governo, in questo modo si credeva che i cittadini non fossero nemmeno capaci di tramare contro il potere assoluto. Praticamente, si pensava che togliendo un mezzo valido, non si potesse raggiungere uno scopo. In questo caso si sbagliavano, infatti, come è indicato nel passaggio, coloro che tramavano una ribellione iniziarono ad usare perifrasi o termini dell’archelingua. Ovviamente questa non fu l’unica precauzione che il Partito prese contro le ribellioni e l’epilogo del libro dimostra come una dittatura totalitaria possa avere più controllo sulle persone di quanto si possa pensare.



venerdì 3 aprile 2020

Step 5

Pubblicità
Spesso accade che la finalità delle azioni altrui non sia comprensibile finché non sono portate a compimento. Ce lo dimostrano i due seguenti spot pubblicitari della Pepsi che strappano un sorriso.

Benché sia molto divertente, le emittenti televisive nazionali non possono trasmettere questa scenetta perché in Italia è vietata la pubblicità comparativa, è evidente la denigrazione del prodotto della concorrente Coca Cola. Come risulta chiaro, la Pepsi ha una doppia finalità: promuovere il proprio prodotto attraverso il consumo da parte di un giovane testimonial e al contempo denigrare quello del principale competitor.

Anche lo scenario calcistico colpisce il telespettatore medio, il sogno di ogni tifoso è di poter avere una maglietta della propria squadra, di maggior valore se già indossata da un calciatore durante una competizione e ancora più pregiata se appartenuta ad un giocatore famoso come David Beckham. Questa è la prima finalità che viene in mente a metà dello spot, invece nel prosieguo l’obiettivo risulta completamente diverso e nel finale se ne comprendono bene anche le motivazioni, il ragazzo è fan di un’altra squadra!

mercoledì 1 aprile 2020

Step 4


Finalità nel mito
Quando si pensa ai miti europei, emerge distintamente la figura dell’eroe. L'eroe leggendario classico ha come finalità il raggiungimento della gloria, e in particolare il suo riconoscimento nella popolazione. Pur di ottenerla preferisce una vita breve e memorabile ad una lunga ma ingloriosa, con il motto è meglio vivere un giorno da leone che cento da pecora. Egli si mostra inclemente verso coloro dai quali subisce ingiustificatamente un torto, ma rispettoso nei confronti dei nemici che implorano giustizia. Un esempio di queste virtù è Achille: era a conoscenza del suo destino, ma non riuscì a subire l’umiliazione di nascondersi di fronte alla battaglia, durante la quale compì gesti eroici decantati millenni dopo.
In altri miti gli eroi possono avere anche altri scopi. Gli esempi sono innumerevoli, tra questi spiccano: Odisseo che, nel suo viaggio durato un decennio, aveva come obiettivo il ritorno alla sua famiglia; Enea, famoso per la sua pietas, accettò l’incarico datogli dagli dei di fondare una nuova Troia in Italia; Giasone e gli altri Argonauti partirono alla ricerca del vello d’oro. Non sono solo gli eroi latini e greci che desideravano morire con onore in battaglia, ma abbiamo molte testimonianze delle credenze vichinghe per cui la maggior inspirazione era raggiungere il Valhalla o il Folkvangr.
Giasone con il vello d'oro
Rappresentazione Valhalla
L'eroe moderno, invece, di propria iniziativa e libero da qualsiasi vincolo, compie uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di sé stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune. Questo tipo di eroe si può ritrovare anche nella vita reale, per quanto riguarda chi svolge abitualmente attività rischiose, come i vigili del fuoco oppure i medici e gli infermieri in un periodo di pandemia.
Per quanto riguarda la mitologia, nel senso più ampio, si può parlare dei supereroi. È ovvio che tutti questi agiscano per la salvezza di tutto il mondo o di un gruppo, anche nel caso dei cosiddetti “antieroi” che agiscono senza una moralità rigida, ma lavorano sempre per il bene di tutti. In contrapposizione si pone la figura dell’antagonista dell’eroe, detto il cattivo. È ormai un cliché che nel momento in cui l’eroe si trova in difficoltà nella lotta, il cattivo si fermi per spiegare le motivazioni e gli obiettivi che l’hanno portato ad essere malvagio. Le sue finalità sono innumerevoli, tra le quali le più ricorrenti sono: il denaro, il potere o il puro divertimento sadico.

Infine, quando si parla delle finalità nel mito, si può pensare al finalismo e al fato. In moltissime leggende si narra di come sia impossibile scampare alle Parche, anche conoscendo cosa riserba il futuro. Alcuni esempi celeberrimi sono i miti di Narciso, Edipo, l’Iliade e l’Odissea. In tutti questi casi, chi ha ricevuto una profezia, solitamente di morte, fa tutto il possibile per scamparne, ma ottiene il risultato opposto. Tale tipo di mito, infatti, deve far capire che non si può andare contro la volontà degli dei. Questo argomento sarà poi approfondito in un post ad hoc.