venerdì 22 maggio 2020

L’homo faber e il finalismo


Prometeo, Piero di Cosimo

Nel mondo dei filosofi c'è sempre stata una faida dialettica tra due fazioni, quella che supporta il determinismo e il finalismo (per cui tutto tende verso un fine ultimo e per cui ogni fenomeno nella sua connessione con gli altri avvenimenti cospira verso l'attuazione di determinati fini) contrapposta ai meccanicisti, per cui l'accadere, sia fisico che spirituale, è il prodotto di una mera causalità meccanica e non preordinato a una superiore finalità.

In altre parole, si può affermare che da un lato possa esistere una specie di fato che ordina il mondo, mentre dall’altra parte si dichiara che il mondo è governato dal caso. Ma in tutto questo, quale sarebbe il ruolo dell’uomo, è solo in balia delle forze superiori o può combattere contro il destino? Da queste considerazioni nasce l’idea dell’uomo faber, introdotta da Appio Claudio Cieco che la usò nelle sue Sententiae con la famosissima frase “homo faber fortunae suae”.

Nessuna di queste teorie ha mai preso definitivamente il sopravvento sull'altra, ma credere che l’uomo non stia seguendo solo un progetto o non sia in balia del caso può aiutare a sollevare il morale nei momenti bui e incerti, come questo della pandemia che stiamo vivendo.

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